Sequestrato l’ultimo tesoro di Messina Denaro: il superlatitante

guardia-di-finanzaUn ulteriore e duro colpo è stato inferto al patrimonio economico del latitante Matteo Messina Denaro. La Guardia di Finanza ha messo le mani sull’ultimo tesoro, fatto di beni mobili ed immobili per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro. Su disposizione del Tribunale di Trapani e del Tribunale di Palermo, la Sezione Misure di Prevenzione ha emesso le relative ordinanze che hanno portato la Guardia di finanza al sequestro di beni a prestanomi dell’entourage del padrino. In particolare sono stati posti i sigilli a: 10 complessi aziendali e quote societarie;  4 ditte individuali; 1 appartamento; 3 fabbricati; 4 fabbricati rurali; 1 stabilimento industriale; 29 terreni; 8 immobili ad uso abitativo; 12 autovetture; 13 autocarri; 4 veicoli industriali; 3 semirimorchi; 1 motoveicolo e numerose disponibilità finanziarie (polizze assicurative, titoli azionari, rapporti bancari, depositi a risparmio).

Da ciò si denota che gli affari continuano ad essere  il chiodo fisso di Matteo Messina Denaro, l’uomo delle stragi che da più di vent’anni è imprendibile. Dopo i parchi eolici, è approdato agli uliveti che abbondano nel cuore del suo regno, la provincia di Trapani. Naturalmente, grazie ai soliti insospettabili prestanome. E così il “fantasma” di Cosa nostra è diventato un produttore di un olio dal gusto raffinato. Questo svelano le ultime indagini condotte dal Gico del nucleo di polizia tributaria di Palermo e dai carabinieri del Ros. E per i fedeli imprenditori al servizio del padrino è scattato l’ennesimo sequestro di beni e società, che ammonta a venti milioni di euro. I provvedimenti sono stati emessi dalle sezioni Misure di prevenzione dei tribunali di Palermo e Trapani.

matteo-messina-denaroI provvedimenti concludono indagini economico – patrimoniali svolte congiuntamente dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma (S.C.I.C.O.) e dai carabinieri del R.O.S e del Comando Provinciale di Trapani, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo. La ricostruzione patrimoniale ha permesso di definire le infiltrazioni di “Cosa Nostra” e dei suoi leader storici, fra cui Matteo Messina Denaro, negli affari di diverse società ed attività agricolee commerciali, dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia. In particolare, l’indagine ha fatto luce sulle modalità di controllo delle attività economiche e produttive sul territorio, da parte dell’organizzazione capeggiata dal

Messina Denaro, attraverso la gestione occulta di società e imprese di diretta emanazione criminale, operanti in svariati settori. Le investigazioni hanno permesso di svelare, oltre alle personali responsabilità penali degli indagati nell’azione di supporto alla latitanza del boss trapanese, l’esistenza di un circuito imprenditoriale teso ad assicurare un completo controllo economico del territorio nel settore dell’edilizia e del relativo indotto,mediante la gestione e la spartizione di importanti commesse.

In particolare, l’indagine ha fatto luce sulle modalità di controllo delle attività economiche e produttive sul territorio, da parte dell’organizzazione capeggiata dal Messina Denaro, attraverso la gestione occulta di società e imprese di diretta emanazione criminale, operanti in svariati settori. Le investigazioni hanno permesso di svelare, oltre alle personali responsabilità penali degli indagati nell’azione di supporto alla latitanza del boss trapanese, l’esistenza di un circuito imprenditoriale teso ad assicurare un completo controllo economico del territorio nel settore dell’edilizia e del relativo indotto, mediante la gestione e la spartizione di importanti commesse.

Tra i soggetti interessati dai provvedimenti ha assunto particolare rilievo la posizione di Giovanni Filardo (cugino del latitante Matteo Messina Denaro), al quale è stata contestata la titolarità di fatto di società operanti nel settore dell’edilizia. Il citato soggetto, a fronte di redditi esigui, aveva evidenziato significative disponibilità, sia di tipo aziendale che personale, che sono risultate di provenienza illecita. Precedenti attività investigative della Squadra Mobile della Polizia di Stato di Trapani hanno invece evidenziato il ruolo di Francesco Spezia nella condotta finalizzata all’intestazione fittizia della SPE.FRA Costruzioni Srl. Gli accertamenti hanno, inoltre, fatto emergere elementi di interesse investigativo sul livello di collocazione all’interno dell’organizzazione di Vincenzo Torino e Aldo Tonino Di Stefano, quali prestanome della Fontane d’Oro Sas, impresa operante nel settore olivicolo, ritenuta di importanza cruciale sul territorio campobellese.

L’articolata attività aveva già permesso di accertare la riconducibilità alla famiglia mafiosa di Castelvetrano di diverse attività economiche, controllate da Antonino Lo Sciuto, le cui vertenze per la spartizione dei guadagni venivano risolte, in taluni casi, da Francesco Guttadauro, figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro, quale collettore delle relazioni connesse all’attività di sostentamento della famiglia dei Messina Denaro e dello stesso latitante. Le indagini hanno altresì documentato come Lo Sciuto abbia gestito, per conto dell’organizzazione, la realizzazione di importanti commesse pubbliche e private nell’area di Castelvetrano, tra le quali figurano le strade della zona industriale e le opere di completamento del c.d. “Polo Tecnologico” di contrada Airone, nonché i lavori per le piazzole e le sottostazioni elettriche del parco eolico denominato “Vento Divino”, nel comune di Mazara del Vallo (TP), a seguito di un accordo spartitorio con quest’ultimo mandamento mafioso. In tale contesto, sono state anche accertate le modalità di aggiramento dei vincoli imposti dal protocollo di legalità sottoscritto con la Prefettura di Trapani dall’appaltatore del parco eolico, l’impresa “Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative Srl”. La piena riconducibilità delle vicende societarie alla famiglia del latitante veniva confermata dai conflitti sulla spartizione degli utili d’impresa, ritenuta iniqua da Patrizia Messina Denaro e da Rosa Santangelo, zia del ricercato, con l’intervento risolutore, anche in questo caso, di Francesco Guttadauro.

guardia di finanza 2Il dispositivo comprende, inoltre, le indagini sviluppate nei confronti di Nicolò Polizzi, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, ritenuto uno dei principalireferenti dei flussi di comunicazioni mafiose verso la provincia di Palermo, con particolare riferimento ai contatti preparatori delle riunioni, tra il noto Francesco Luppino e i responsabili dei mandamenti di Cosa Nostra palermitana. Il Luppino costituiva, infatti, all’epoca in cui le articolazioni palermitane di Cosa Nostra stavano tentando di ricostituire la Commissione Provinciale, il referente trapanese delle comunicazioni destinate a Matteo Messina Denaro. Dopo l’arresto del Luppino, lo sviluppo delle investigazioni nei confronti di Nicolò Polizzai consentiva l’acquisizione di elementi che, oltre a confermarne la contiguità al latitante di Castelvetrano, definivano il ruolo di condizionamento delle commesse pubbliche e private in ambito locale. In particolare, il predetto emergeva quale referente nella gestione di alcune operazioni propedeutiche alla realizzazione del villaggio turistico della catena Valtur, in località Tre Fontane a Campobello di Mazara, ad opera della società Mediterraneo Villages S.p.A. di Carmelo Patti, originario di Castelvetrano.

Un ruolo di particolare importanza per il sostegno logistico al latitante era stato offerto anche da Girolamo Cangialosi che, nel novembre 2007, aveva partecipato alla predisposizione delle condizioni logistiche per l’effettuazione di un incontro tra Francesco Luppuino e gli allora latitanti Sandro e Salvatore Lo Piccolo, nonché da Mario Messina Denaro, cugino del latitante, il quale, come è emerso sviluppando le indaginisvolte dalla Squadra Mobile di Trapani, si era reso protagonista di attività estorsive sul territorio, per reperire le somme necessarie al sostegno economico dei familiari dei detenuti in carcere

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