Pesca, è tempo di turismo blu: all’Isola Grande si è dibattuto di Registro Identitario, Sea Food ed altro

Grande partecipazione di pubblico negli ex magazzini del sale all’Isola Grande, nel cuore dello Stagnone di Marsala, all’incontro promosso dal Distretto Pesca della Regione Sicilia.

I lavori del convegno: Il turismo azzurro “dal Registro Identitario al Sicilia Sea Food” , sono stati aperti dall’architetto Mimmo Targià, Dirigente del Dipartimento Pesca della Regione Sicilia, che ha voluto ricordare con un minuto di raccoglimento lo scomparso Giovanni Tumbiolo alla presenza del figlio Marco e del nuovo presidente del Distretto Pesca. Subito dopo è stata la volta dell’assessore Rino che a nome dell’amministrazione comunale ha ringraziato gli organizzatori per aver scelto come location Marsala, ricordando l’antica tradizione marinara della città che oggi è punto di riferimento nella cattura dei grandi pelagici (tonno rosso del Mediterraneo e Pesce Spada), nonchè per la pesca turismo.

La differenziazione, passo obbligato per non soccombere nel mondo della globalizzazione, che passa attraversa l’ittiturismo, la pesca turismo, la gastronomia ittica e tutti i servizi accessori legati alla ricettività, all’accoglienza e all’intrattenimento, rappresentano un’importante opportunità economica per le attività tradizionali della pesca e valvola di sfogo per l’occupazione giovanile. Di questi ed altri temi legati alla diversificazione della pesca e alla necessità di valorizzare le biodiversità del Mediterraneo ha parlato il Tenente di Vascello Nicola Pontillo  comandante dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Marsala. L’ufficiale della Marina Militare ha messo in risalto le esperienze maturate da altre realtà marinare dove le esperienze di Turismo Blu hanno dato risultati molto incoraggianti.

Meno entusiasmo e molte preoccupazioni sono state colte nell’intervento di un giovane armatore locale Ignazio Tranchida. Ha evidenziato le difficoltà che affliggono la categoria: troppe leggi e regolamenti che limitano le attività ittiche, il cambiamento climatico che ha drasticamente diminuito i giorni di pesca, la diminuzione delle prede catturate a causa di inquinamento ed impoverimento dei banchi di pesca, l’aumento vertiginoso dei costi di gestione dei motopesca e del carburante, l’assenza di un mercato che possa tutelare il pescatore, la concorrenza sleale del pesce d’importazione che giunge sulla tavola degli italiani a prezzi bassissimi.

Per quanto attiene le pratiche della diversificazione, per gli operatori della pesca, sono ben poca cosa e talvolta le prescrizioni per ricevere le relative autorizzazioni per imbarcare turisti a bordo sono irrazionali e bizzarre, come l’obbligo del bagno a bordo. Provate ad immaginare una barchetta di 5 metri con il vano bagno.

Paradossalmente, tra il legislatore e l’operatore della pesca vi è di mezzo il mare. Praticamente le leggi e i regolamenti comunitari studiate per marinerie industriali, i motopesca oceanici, vengono poi applicate a piccoli gusci che pescano a poche miglia dalla costa.

Giovanni Basciano, Responsabile AGCI Pesca Sicilia, ha spezzato una lancia a favore degli operatori nel dire che è vero che i “nostri” mari non sono più pescosi e la causa non è certamente dei pescatori, Pertanto è doveroso trovare alternative per incrementare i redditi quando le reti vengono su con poco pescato. Occorre puntare sulla valorizzazione del pescato locale, e su una normativa un tantino meno persecutoria. Ben vengano le norme, ma guai ad accanimento sproporzionati. Le max multe non “educano” il pescatore, anzi lo spingono ad una sorta di ribellione. Non è ammissibile in un Paese democratico non prevedere una cassaintegrazione guadagni per gli operatori del settore pesca. Tante, quindi, sono le difficoltà da superare. Urge coinvolgere al tavolo delle trattative tutti gli attori: i rappresentanti delle istituzioni, le associazioni di categoria, i pescatori, i ristoratori, gli istituti alberghieri, i consumatori per sviluppare tutti insieme nuove azioni e  sinergie.

L’architetto Mimmo Targià ha fatto leva sull’importanza di poter garantire un ricambio generazionale nel settore della pesca. Negli ultimi vent’anni in Sicilia, sbagliate politiche comunitarie che hanno favorito la demolizione delle unità di pesca, hanno ridotto il comparto di due terzi di unità impegnate. I pescatori in Sicilia sono passati da 18 mila unità a 6 mila, appena un terzo di quanti esercitava o questo nobile lavoro negli anni ’90.

Le direttive dell’Unione Europea, fortunatamente, sono cambiate e vanno sull’incremento della Pesca, sulla valorizzazione del pescato, sulla biodiversità per distinguersi sui mercati, sull’itticoltura, sulla promozione delle risorse ittiche, sulla diversificazione della pesca attraverso la pescaturismo, l’uttiturismo, bla ricezione turistico alberghiera e la ristorazione

Tanto “pesce sul fuoco”, c’è da augurarsi che non sia tutto fumo e niente arrosto. Tra i rappresentanti della piccola e grande pesca presenti al convegno c’è molto scetticismo. Si sentono abbandonati dalle istituzioni, osteggiati da certi regolamenti e perseguitati dagli organi di controllo. Non é facile, in queste condizioni, sbarcare il lunario. Il pescatore, ma anche l’armatore dell’unità di pesca, non sempre riesce a garantire un reddito certo ai propri collaboratori.

Chi opera in questo settore, come é stato evidenziato da Ignazio Tranchida, vive alla giornata, esce in barca e va per i mari senza sapere se al rientro avrà in tasca qualche decina di euro con cui poter sfamare la propria famiglia. Con queste condizioni non si puó parlare di rilancio e di sviluppo della Pesca. Non si puó uscire per mare affidandosi al buon Dio.

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