Misure antiterrorismo, a Trapani rimpatriato giovane tunisino “simpatizzante” dei jihadisti

È stato rimpatriato venerdì nella sua città d’origine un cittadino tunisino, classe ’87, residente a Trapani, sul quale si era concentrata da tempo l’attività investigativa di prevenzione atti terroristici della Digos.

L’interesse degli investigatori era nato in seguito all’esternazione di alcuni suoi apprezzamenti in merito agli attentati terroristici avvenuti nel corso dell’anno 2015 in Francia.

Dopo quegli episodi, infatti, il giovane aveva modificato il proprio comportamento,  facendosi crescere la barba e diventando un fervente praticante della religione musulmana, grazie anche alla sua assidua frequentazione della locale moschea.

Ogni giorno, nella sua abitazione in una strada centrale della città, anche dopo essere rincasato molto tardi dal suo lavoro, aveva preso l’abitudine di guardare ed ascoltare sul proprio tablet sermoni in lingua araba recitati da diversi predicatori, dal forte contenuto antisemita e spesso inneggianti alla jihad.

L’attività info investigativa, condotta anche con indagini tecniche sui dispositivi elettronici quotidianamente utilizzati, ha consentito di appurare che, nell’ambito dei contenuti visionati dal giovane, erano stati particolarmente seguiti i sermoni del noto Kamel Zarrouk. L’estremista, che sarebbe rimasto ucciso nel 2015 dai bombardamenti delle forze statunitensi, è considerato il numero due dell’organizzazione terroristica islamica di origine tunisina “Ansar Al Sharia”, collegata sia sotto il profilo ideologico che organizzativo ad Al-Qaeda.

Particolarmente inquietante risulta essere il contenuto di un audio ascoltato dal B. S., in cui il predicatore esalta il Califfo Abu Bakr Al Bagdadi e le azioni terroristiche compiute, commentando testualmente: “avete visto cosa abbiamo fatto in Canada e come abbiamo colpito in Francia, in Australia e in Belgio e in altri paesi con la Croce e che promettiamo di cancellazione con la benedizione di Dio” per poi continuare con le testuali parole: “verremo ad ammazzarvi così saprete cosa è la legge di dio, la sharia.”

Numerosissime le visualizzazioni sul canale Youtube di video che riproducevano discorsi di predicatori islamici volti ad inneggiare alla lotta contro gli ebrei e, più in generale, contro la civiltà occidentale.

L’analisi del contenuto di tutto quello che, nel tempo, il giovane tunisino ha attentamente seguito sul web ha permesso di rilevare i suoi evidenti e non celati sentimenti di condivisione delle ragioni che avevano portato sostenitori dello Stato Islamico a compiere  efferati atti di terrore stragista in Europa.

Le nuove, radicali, prese di posizione del giovane avevano destato molta preoccupazione sia nella sua famiglia d’origine che in quella italiana, soprattutto quando questi aveva espresso il desiderio di attendere che il figlio diventasse più grande per poterlo portare con sé a combattere in Siria o in Iraq per la loro religione.

Malgrado, infatti, B.S. si fosse stabilito a Trapani, dove aveva costruito relazioni di lavoro e sociali, la paura che potesse esserle portato via il bimbo di pochi anni aveva da tempo costituito la principale preoccupazione della giovane moglie, soggetta sempre più spesso ai comportamenti intransigenti del marito.

Anche nei suoi riguardi non erano mancati ammonimenti volti ad esortarla a non vestire alla maniera occidentale; anzi, avrebbe dovuto stare attenta a non andare in giro con parti del corpo scoperte e si sarebbe dovuta convertire alla religione islamica, pena la minacciata disgregazione della sua famiglia e, soprattutto, l’allontanamento del piccolo bimbo.

Preoccupazione era stata espressa dai familiari quando, mentre si trovava a passare le vacanze estive con la sua famiglia presso la propria casa natale a Tunisi, aveva organizzato la circoncisione del figlio proprio l’11 settembre, in concomitanza con l’anniversario della tragedia delle Torri gemelle.

Nel corso dell’attività investigativa è emerso, inoltre, che il B.S. fosse coinvolto in un’organizzazione internazionale dedita al procacciamento e alla vendita, previo corrispettivo in denaro, di documenti falsi, soprattutto passaporti, da fornire a cittadini extracomunitari legati all’estremismo islamico.

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