Marsala, dissequestrati metà dei beni di Michele Licata

Parziale dissequestro dei beni di Michele Licata. Restituito circa il 50% delle proprietà all’imprenditore

Mafia, confiscati beni per 30 milioni a un imprenditore di Trapani

Sono stati restituiti imprenditore Michele Angelo Licata una parte dei beni che gli furono sequestrati a fine novembre 2015. Un impero economico il cui valore è stato quantificato da Procura di Marsala e Guardia di finanza in 127 milioni di euro. Adesso, circa la metà del patrimonio gestito in amministrazione giudiziaria dal 21 aprile di quattro anni fa da due amministratori giudiziari torna in possesso dell’imprenditore marsalese, venuto alla luce della cronaca a seguito di una serie di inchieste a carattere amministrativo e fiscale.

A deciderlo, accogliendo parzialmente la richiesta della difesa, è stata la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani. I beni restituiti a Licata sono alcune delle sue principali strutture (il ristorante Delfino, l’albergo Delfino beach, il complesso albergo-ristoranti Baglio Basile di Petrosino, l’agriturismo la Volpara), nonché alcune pertinenze, somme di denaro e altro realizzato e acquistato dopo il 2006.

Tra i beni che, invece, non sono stati restituiti ci sono le villette costruite attorno al Delfino beach e a Baglio Basile, la Ramaglia e la Villa Maria. I giudici, insomma, hanno parzialmente annullato il decreto di sequestro del 2015 disposto sulla base della richiesta della Procura di Marsala.

Adesso, il nuovo provvedimento è in fase di esame dal pool di avvocati di Michele Licata. E cioè gli avvocati Carlo Ferracane, Celestino Cardinale, Salvatore Pino, Andrea Pellegrino e Mattias Manco. I legali cercheranno, probabilmente, di capire se è possibile far recuperare al loro cliente gli altri beni rimasti sotto sequestro (in tutto o in parte) o se è meglio accontentarsi del risultato raggiunto.

Il maxi-sequestro, effettuato dalla Guardia di finanza nel 2015 in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura marsalese allora diretta da Alberto Di Pisa (pm titolare Antonella Trainito), ha interessato organizzata. In particolare, 10 società (Delfino, Delfino Ricevimenti, Roof Garden, Rubi, Don Mariano, L’Arte Bianca, Punta D’Alghe, Rakalia, Sweet Tempation, Wine Resort), tre ditte individuali e relative aziende (alberghi, resort con piscine e centro benessere, ristoranti tra Marsala, Petrosino e Pantelleria), 73 fabbricati, 247 terreni, 23 automezzi, 71 conti correnti bancari sui quali erano depositati circa 6 milioni di euro, sei polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie.

Nel dettaglio, mega-complessi turistici come il “Baglio Basile” e il “Delfino Beach Resort”, il ristorante “Delfino” (prima pietra dell’impero economico) e l’agriturismo “La Volpara”. E inoltre, due fabbricati e 10 terreni intestati a Licata e alla moglie per un valore di circa 5 milioni di euro. Un patrimonio che secondo l’accusa sarebbe stato illecitamente accumulato dall’imprenditore negli ultimi vent’anni. Scattata l’indagine e avviati i processi, la difesa ha lavorato per ottenere la restituzione, anche parziale, dei beni attraverso il pagamento delle tasse evase.

Ora, in parte, i Licata sono rientrati in possesso di alcune strutture turistiche ricettive-alberghiere e di ristorazione attraverso le quali potranno presto ritornare a lavorare.

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