I Migliori film del 2014 secondo ScreenWEEK

ScreenWEEK ha redatto una classifica che è un viaggio tra anti-eroi delle galassie, musicisti falliti, giganti, vampiri rocker, broker scatenati e…

Top 10 Valentina Torlaschi

È giunto il momento di tirare le somme di un intero anno cinematografico con le classifiche dei redattori di ScreenWeek (www.screenweek.it). Se ad inaugurare la partita è stato Leotruman e ieri ha proseguito il “gioco” Filippo, oggi è inesorabilmente arrivato il mio turno.

Il 2014 è stato un anno strano. I bei film non sono mancati, ma forse è stata un’annata di conferme più che di scoperte: ho ritrovato molti degli autori che amo (Jarmusch, Scorsese, i fratelli Dardenne, i Coen,Fincher, il giovane Dolan), alcuni perfino con le loro opere migliori, eppure poche sono state le sorprese (tra tutte, i Guardiani della Galassia).

Detto ciò, come ho anche scritto lo scorso anno, so bene che il fascino delle classifiche è nel loro essere lapidarie, chiare e immediate, quindi non mi perdo in fumose premesse di metodo e mi limito a dire che le scelte sono state dettate da questi parametri: novità, persistenza e coraggio. In precario equilibrio tra sguardo oggettivo ed emozioni personali, ho inserito i film che mi hanno abbagliato, quelli che non sono riuscita a scrollarmi di dosso per giorni, quelli che, pur nelle loro imperfezioni, hanno tentato di uscire dai solchi del solito cinema, sia esso d’autore o commerciale.

La classifica riguarda ovviamente le pellicole distribuite nei cinema nel 2014

boyhood

10 – BOYHOOD di Richard Linklater

“Il cinema è la vita con le parti noiose tagliate” diceva Alfred Hitchcock. In Boyhood il cinema coincide più che mai con la vita, ma la parti noiose, qui, sono incluse: anzi, è proprio la banalità del quotidiano a farci riconoscere allo specchio e, nel suo ripresentarsi uguale-e-diversa anno dopo anno, a farci emozionare. Girato per brevi periodi tra il 2002 e il 2013, con con lo stesso cast nell’arco di 12 anni in modo da restituire i legami più veri che mai di una famiglia sfilacciata e il reale passare del tempo, del crescere, dell’invecchiare, è un film davvero unico nel suo genere: un esperimento estremo, certo più interessante sulla carta che non sul grande schermo ma che merita di essere visto per la sua “resistenza e perseveranza creativa”. Su tutto restano gli imbarazzi delle prime volte (della nuova scuola, dei nuovi padri, della prima sigaretta) e quella sensazione di afferrare sfuggenti attimi di felicità come nel finale sulle note di “Deep Blue” degli Arcade Fire.

Locke-poster

9 – LOCKE di Steven Knight

Un grande film fatto con minimi mezzi. Come Buried, anche Locke di Steven Knight è un magnetico action dove la tensione scaturisce da un solo uomo e un solo luogo. Una sorta di “kammerspiel in BMW” con protagonista assoluto uno straordinario Tom Hardy che, alla guida della sua auto e a colpi di sole telefonate, prova a salvare quel suo futuro in sfaldamento. Peccato che nella vita, con certi errori commessi, non sia possibile tornare indietro: le retromarcia non è contemplata tra le marce del destino… Basandosi su uno script di perfetta precisione dove ogni singola parola è la più giusta che si potesse scegliere, Steven Knight (sceneggiatore de La Promessa dell’Assassino) ha girato, in continuità e praticamente in tempo reale, una pellicola di 85 minuti che è un distillato di puro cinema.

frank Michael Fassbender recensione

8 – FRANK di Leonard Abrahamson

È poetica e interessante questa commedia dell’assurdo in terra irlandese su musicisti sperimentali che “suonano” barattoli e spazzolini. Tra sarcasmo e simpatia, il regista Lenny Abrahamson ben ha dipinto questa band di pazzi, di quelli estremi per i quali l’originalità non è posa ma patologia, e l’arte non è una moda ma una questione di vita o di morte. Tanto surreale quanto ispirato a storie vere (Chris Sievey/Daniel Johnston/Captain Beefheart), il film è intriso di ironia beckettiana e riflessioni attualissime (è necessario, oggi, un pubblico dal vivo o bastano le quattro mura dei social network?) ma soprattutto, alla fine, è come il suo protagonista, ovvero il fragil-carismatico Michael Fassbender qui dispettosamente oscurato da un viso di cartone. Come lui, il film stesso è un outsider, un alternativo di cuore, non solo di facciata, che merita di essere incontrato.

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7 – GONE GIRL di David Fincher

La freddezza e precisione chirurgica con cui David Fincher descrive la psicologia e l’a-socialità umana è qualcosa di unico: ne aveva già dato prova in The Social Network, e ora, con Gone Girl, ne abbiamo la conferma. Il regista ha firmato un avvincente thriller dal sapore hitchcockiano facendo di Rosamund Pike la perfetta, agghiacciante e algida bionda, tanto angelica (o meglio ‘amazing’) in apparenza quanto pericolosa nell’anima. E perfetta è stata anche la scelta di Ben Affleck che, dietro la sua classica monoespressività, ha veicolato uno dei personaggi più ambigui e sfaccettati degli ultimi 10 anni di cinema. Certo il messaggio della manipolazione dei media è tutt’altro che nuovo e sul finale certi passaggi scricchiolano, ma lucidità con cui dimostra che il matrimonio, il contratto sociale per eccellenza, è fondato sulla menzogna, be’, lascia impietriti.

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6 – GUARDIANI DELLA GALASSIA di James Gunn

Forse la vera sorpresa del 2014. O meglio la vera scommessa, quella stravinta. Partendo da una serie di personaggi improbabili e ben poco conosciuti, Guardiani della Galassia è stato uno dei maggiori successi di pubblico e critica, con tanto di ammiratori d’eccezione quali Al Pacino. In effetti, questo cinecomic con protagonisti dei super-eroi che sono piuttosto degli strampalati anti-eroi è un film di puro divertimento. Scrittura ineccepibile, battute e gag d’effetto, ritmo ben dosato tra azione ed ironia, un po’ di sana follia. Uno di quei film che riesce nel miracoloso scopo di conquistare i piccoli e i grandi anche grazie a quel gusto visivo vintage, alle citazioni e a quelle musiche anni ’80 che giocano sull’effetto nostalgia. Intrattenimento ad altissimo livello, uno dei migliori cinecomic di sempre al pari degli Avengers.

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5 – A PROPOSITO DI DAVIS di Joel ed Ethan Coen

Una delle pellicole più malinconiche, belle e poetiche dei Coen. È il racconto di una disfatta. È un ritratto d’artista, la cronaca del suo fallimento. Un film spietato nella sua tristezza eppure così soffuso e dolce nelle sue tonalità, nella sua fotografia nebbiosa che permette di non guardare in faccia l’amara realtà. Davis, il musicista protagonista, è un perdente ma, a differenza dei soliti film sugli anti-eroi geni incompresi in un mondo ingiusto, è un essere respingente, antipatico: la sua musica è tanto magnetica e avvolgente quanto lui, nella vita, è uno sbruffone ed egoista pronto solo ad occuparti il divano di casa e a sentenziare il tuo imborghesimento. Un personaggio che suscita repulsione, ma anche una sentita compassione e rispecchiamento. E in quest’odissea, il questo viaggio verso il successo dove però i corridoi sono troppo stretti per passarci in due, è la musica è l’unico compagno per addolcire il dolore.

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4 – MOMMY di Xavier Dolan

Xavier Dolan ha 25 anni, ha già realizzato 5 film presentati (e spesso premiati) nelle principali kermesse cinematografiche mondiali da Cannes a Venezia ed orami è consacrato come l’enfat prodige del cinema d’autore contemporaneo. Ma soprattutto, Xavier Dolan è un accanito cinefilo: è uno che ama, conosce e cita la settima arte. Xavier Dolan ama il cinema, e ama soprattutto il cinema della Nouvelle Vague, di Truf­faut, Gar­rel, Leos Carax, Gregg Araki, Ber­to­lucci, Wong Kar-wai. Ossia il cinema che anche io amo di più. Ecco perché non posso non amare anche Dolan, e mi scivolano addosso le critiche di quelli che lo accusano di avere un narcisismo e un ego smisurato. Mommy non è forse il suo film più originale, ma è un’opera in cui conferma di avere una maestria eccelsa nel muovere la macchina da presa, nel girare un melodramma come un videoclip, nel far debordare le emozioni dallo schermo, nel raccontare di queste anime perse che hanno bisogno di altri outsider per sopravvivere. Un cinema che ha urla la vitalità tipica della adolescenza.

ONLY LOVERS LEFT ALIVE trailer

3 – SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO di Jim Jarmush

Jim Jarmush ha creato un mondo malinconico e decadente dove vivono in incognito dei vampiri sofisticati, colti, poeti o musicisti. È il film con l’ambientazione e i personaggi più affascinanti dell’anno: il regista ci traghetta in questo universo post-apocalittico tra una Detroit devastata dalla crisi economica e Tangeri sempre più in declino dove i suoi romantici e immortali protagonisti cercano di trascinare le loro esistenze e il loro amore non facendosi contaminare dalla stupidità dei giorni nostri. Per questa conturbante, stilosa e decisamente non convenzionale storia di vampiri, musica e amore, il regista ha poi scelto una colonna sonora davvero ipnotica in cui le chitarre elettriche distorte si accompagnano ad archi e liuti: a firmarla, gli SQÜRL (ovvero la band in cui suona lo stesso Jarmush) e un fuori-classe del liuto come Jozef Van Wissem.

due giorni una notte

2 – DUE GIORNI, UNA NOTTE di Jean-Pierre e Luc Dardenne

In una bulimia di immagini innocue sulla crisi economica a cui siamo ormai impermeabili che al più suscitano una lacrima pavloviana o un’indignazione in 140 caratteri, il film dei Dardenne è un virus letale. Ti si insinua nelle viscere e ti far star male tanto racconta con inarrivabile semplicità l’inumana guerra tra poveri, guardandoti dritto negli occhi e imponendoti di schierarti. Un film profondamente umanista proprio perché ci ricorda che al centro del mondo deve tornare ad esserci l’uomo, anche nelle sue antieconomiche e improduttive debolezze. Da vedere, obbligatoriamente.

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1 – THE WOLF OF WALL STREET di Martin Scorsese

The Wolf of Wall Street è una commedia nerissima e allucinata, un turbine di immagini straripanti di soldi, droga e sesso che travolge lo spettatore portandolo sulla montagna russa degli eccessi del suo protagonista, ossia il broker così perfettamente interpretato da Leonardo DiCaprio. Le 3 ore del film scorrono via scoppiettanti senza fatica grazie a una regia scatenata ma sorretta da un montaggio preciso. Tutta la squadra attoriale (dal già citato DiCaprio all’azzeccato Jonah Hill al cameo-cult di Matthew McConaughey) regala performance di altissimo livello. Stupidamente è stato accusato di essere un film senza morale; peccato che, come ho raccontato qui, sia l’esatto opposto. Ossia una spiazzante fotografia di un “sogno americano drogato”, dei delitti senza castighi dell’alta finanza, dell’invisibilità delle sue vittime. Scorsese è un fuoriclasse, e quest’anno il primo posto l’ha guadagnato lui.

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