Caccia a Matteo Messina Denaro, il cerchio si stringe attorno a 25 presunti “favoreggiatori” del super latitante

PALERMO – Sono venticinque, tutti indagati per “procurata inosservanza di pena”. La pena è quella dell’ergastolo che deve scontare Matteo Messina Denaro. Stamani le loro abitazioni e attività commerciali sono state perquisite dai poliziotti delle Squadre mobili di Palermo e Trapani, e del Servizio centrale operativo di Roma.

Sotto inchiesta sono finiti – secondo quanto riporta www.livesicilia.it: Biagio, Giovanni e Vito Cappadonna, Vito Circello, Santo Clemente, Andrea Craparotta, Calogero Curseri, Cosimo Cuttone Di Carlo, Matteo Filardo, Giovanni Furnari, Tommaso Geraci, Michele Giacalone, Calogero Giambalvo, Leonardo Ippolito, Antonino Italiano, Giovanni Madonia, Leonardo Masaracchio, Nicola Messina Denaro, Michele Pacella, Gaetano Pavia, Giovanni Rollo, Giovanni e Vincenzo Santangelo, Gaspare Varvaro, Nicolò Venezia.

Le perquisizioni hanno avuto come obiettivo quello di acquisire documentazione a qualsia titolo riconducibile al favoreggiamento della latitanza di Matteo Messina Denaro. È presto, però, per sapere se qualcosa sia stato trovato.

Dall’inchiesta, coordinata dal capo della Procura palermitana Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido, emergerebbero collegamenti, rapporti e pregresse frequentazioni degli indagati con appartenenti all’associazione mafiosa, soggetti ad essa contigui o comunque persone storicamente in rapporti con il noto latitante Matteo Messina Denaro. Tutto comunque da valutare e verificare, da parte degli inquirenti

Per la stragrande maggioranza si tratterebbe di persone già citate in vecchi atti giudiziari. Tramite Vito Cappadonna – riporta sempre la testata Live Sicilia -, raccontò anni fa il collaboratore Francesco Geraci, Matteo Messina Denaro avrebbe procurato delle case per le vacanze a Triscina di Giuseppe e Filippo Graviano, i boss stragisti di Brancaccio. Biagio Cappadonna, invece, avrebbe fatto da tramite tra la multinazionale Mc Donald’s e il proprietario del terreno su cui doveva sorgere un fast food. Ad eseguire una parte dei lavori sarebbero stati i Filardo, cugini di Messina Denaro.

Di Clemente si parlò per l’amicizia che lo legava a Gaspare Como, sposato con Bice Messina Denaro, una delle sorelle del latitante. Craparotta nel 2010 fu coinvolto nella stessa indagine che portò in carcere, tra gli altri, anche il fratello del padrino, Salvatore Messina Denaro. Filardo fu arrestato, processato e infine assolto dall’accusa di tentata estorsione. Come assolto fu anche Leonardo Ippolito. Furnari, invece, ha già scontato una condanna per mafia nato dal blitz denominato Omega del 1995. Giambalvo è l’ex consigliere comunale di Castelvetrano che si vantava di avere incontrato Messina Denaro mentre andava a caccia. Era una balla. Giovanni Santangelo è lo zio materno del latitante. Fu intercettato mentre parlava con la sorella Rosa di soldi che “gli servivano. Gli servivano… a Mattè”.

Il questore di Trapani, Maurizio Agricola – scrive Repubblica.it – sostiene che: “L’operazione di oggi rientra in un’attività più ampia iniziata i primi di dicembre, a Castelvetrano. Una strategia per far sentire la presenza ancora più costante dello Stato su Messina Denaro e su quanti ne garantiscono la latitanza. Una maggiore pressione per cercare di raccogliere elementi utili alla cattura. Oggi sono state controllate anche diverse numerose attività commerciali e imprenditoriali di persone che sono legate al capomafia”. Quanto raccolto nelle perquisizioni è adesso al vaglio della procura di Palermo: “Per quanto riguarda gli indagati – conferma il questore di Trapani – si tratterebbe di persone che, nel corso degli anni, sono state arrestate per mafia o che hanno avuto collegamenti e frequentazioni con appartenenti a Cosa nostra e che, storicamente, sono state in stretti rapporti con il latitante Matteo Messina Denaro. Adesso, la Direzione distrettuale antimafia di Palermo, su segnalazione della polizia di Stato, li ha sottoposti a una nuova indagine”.

Magistrati e investigatori sono alla ricerca di tracce, per cercare di risalire al padrino condannato per le stragi del 1993 che sembra ormai diventato imprendibile. Perquisizioni in città, ma anche in case di campagna, i poliziotti stanno anche utilizzando attrezzature particolari per verificare l’esistenza di cavità o addirittura di bunker all’interno di immobili.

Due anni fa, venne scoperta in una masseria la rete di comunicazione del latitante, ++++++che in questi ultimi anni sembra essere diventato un fantasma, qualcuno ha pure ipotizzato che sia nascosto all’estero e torni solo in alcuni periodi dell’anno in Sicilia.

 

 

fonti: www.livesicilia.it

www.repubblica.it

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