Tempi cupi per l’agricoltura siciliana, ancora tagli

campi-agricoliTempi cupi per l’agricoltura siciliana, ancora tagli. Dopo il “vergognoso” taglio dei 500 milioni di euro della Pac, operato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi per destinarli agli sgravi fiscali per le assunzioni nelle imprese del belpaese; un’altra mazzata cala sul settore primario della Sicilia dal bilancio regionale. Il presidente Rosario Crocetta ha tagliato un altro miliardo e mezzo per salvare la Sicilia dall’inevitabile crack finanziario. Malgrado ciò mancherebbe ancora la cifra-choc di un miliardo. Dopo i tagli alla sanità pubblica ora è la volta dell’agricoltura, da sempre settore trainante dell’economia e grande valvola di sfogo per l’occupazione.  L’assessore regionale all’Agricoltura: Nino Caleca annuncia: «Tagli anche per forestali e dei lavoratori dei consorzi di bonifica. Siamo obbligati a farlo. Il nostro piano andrà avanti anche senza il consenso sociale. Favoriremo il ritorno dei giovani a coltivare la terra. La Sicilia, se vuole crescere davvero deve puntare sulle sue risorse».

Culla della biodiversità, benedizione enologica, museo a cielo aperto: se la Sicilia è un’eterna ultima in classifica nonostante tutto questo un motivo ci sarà. L’assessore regionale all’Agricoltura, Nino Caleca, intervenuto ieri alla presentazione della Guida ai Vini di Sicilia del Giornale di Sicilia, ha lanciato un paio di salvagenti, ha rivisitato il grido «terre ai contadini» in «terre ai giovani», ha concretamente spiegato come l’Expo 2015 di Milano potrà diventare un grande momento per l’Isola. Prima, però, un passaggio obbligato: «È arrivato il momento – ha detto Caleca – di fare i conti con la realtà per cambiarla in modo radicale senza ulteriori alibi. Siamo consapevoli dei risvolti sociali che interverranno ma la revisione della spesa sarà drastica, dura. Toglieremo soldi dalle tasche di dirigenti, funzionari, forestali e dei lavoratori dei consorzi di bonifica: ci saranno ripercussioni, ma andremo avanti. Diminuiremo il numero dei dirigenti, toglieremo un miliardo e mezzo di euro dall’economia siciliana: siamo obbligati a farlo, con o senza il consenso sociale, per creare le condizioni per andare avanti».

Premessa fondamentale, prima di un annuncio: «La Regione possiede 30 mila ettari di terra non coltivata, voglio assegnarla ai giovani. Farò una banca della terra, perché loro diventino produttori e imprenditori in grado di stare sul mercato globale». Parte dai forestali: «Li abbiamo pagati per anni, e loro con quei soldi hanno fatto studiare i figli che poi sono diventati avvocati e medici: l’ascensore sociale funzionava, ora non funziona più e saranno proprio i loro figli i primi a pagare con la disoccupazione. Vogliamo invece creare le condizioni per trasformare i forestali da peso per la Regione in pedine importanti per l’attività produttiva, affidargli il territorio, affidargli dei progetti che creino ricchezza, che abbiano un rapporto diretto con l’imprenditoria. Ho assunto un impegno: fare in modo che i giovani tornino all’agricoltura. Mi riferisco ai giovani della generazione digitale, pronta a fare progetti capaci di stare sul mercato globale».

In pratica, finito il tempo delle vacche grasse è giunta l’ora di rimboccarsi le maniche, di mettere sul campo le idee dei giovani. L’agricoltura, come un tempo, è l’unica e sana valvola di sfogo per l’occupazione.

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