Regione, conti in rosso, precari in bilico e servizi in tilt

ars-sede-istituzionale-palermo-palazzo-dei-normanni-sede-della-regioneDai conti all’informatica, dai precari dei Comuni ai Forestali è la Sicilia dell’emergenza. Dell’allarme continuo. Utile a tutti, soprattutto alla politica. Ai politici di Palazzo d’Orleans o dell’Ars. Che, a problema più o meno risolto, potranno rivendicare i meriti del salvatore. Di chi ha evitato il disastro. Ma il disastro c’è già. Ed è tutto nell’esemplare blocco informatico che ha investito la Regione. Un’Isola così popolata da ostaggi della malapolitica da diventare essa stessa ostaggio di se stessa. Di ciò che in questi anni ha prodotto.

Una società privata, che fu in società con la Regione, infatti, oggi può permettersi di staccare la spina e spegnere l’Isola. Tutto in tilt. Dalla Sanità alla gestione degli stipendi del personale. Il motivo? L’emergenza. L’emergenza continua. Che costringe il governo, che raccoglie la pesante eredità del passato, ma che in tre anni non è riuscito a risolvere nulla, a lasciare Asp e uffici regionali attaccate al cordone ombelicale di Engineering, nonostante questa azienda non sia più in società con la Regione stessa. E sull’informatica, in particolare, il governo è vittima della sua incapacità di programmare persino il buffet della sera. Perché di informatica, a un certo punto, avrebbe dovuto occuparsi un Ufficio nato con quell’obiettivo. E subito rivelatosi, se non inutile, non proprio necessario. Nel frattempo, Sicilia e-servizi assumeva una settantina di dipendenti perché bisognava pur garantire quei servizi. Prima che tutto si fermasse. L’emergenza, appunto. E come si fa altrimenti? E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ingroia costretto a convocare un “Comitato di crisi” per capire come uscire dall’angolo. Nel più breve tempo possibile. Ma è sempre crisi.

E il tempo inizia a scorrere impietosamente anche per i disastrati conti della Regione. Nonostante gli sbandierati tagli del governatore Crocetta e gli incredibili progressi dei dati sull’economia siciliana, la Regione non ha più un euro. Nemmeno per pagare gli stipendi. Mentre il nuovo bilancio è ancora in alto mare. Anche ieri la fumata nera. Tra la Sicilia e Roma non c’è ancora l’accordo. E così in Sicilia non c’è ancora un bilancio. Anche questa volta si arriverà, nella migliore delle ipotesi, sul “gong” del 31 dicembre. Un suono che potrebbe tradursi, per migliaia di siciliani in una tremenda sveglia. In quel bilancio, infatti, potrebbero non trovarsi i soldi per i dipendenti degli enti regionali o delle società partecipate. Mentre un altro bacino di lavoratori è, come sempre, in bilico. In attesa della solita soluzione all’ultimo momento. E come sempre costretto ad assistere allo spettacolo di chi promette: “Vi salvo io”.

crocetta-rosario-pd-megafono-crisi-regione siciliaSono gli oltre 24 mila precari degli enti locali siciliani. Manca un mese alla scadenza dell’ennesima proroga. Proroga che arriva ogni anno all’ultimo respiro. Il tempo utile per la produzione dei soliti comunicati stampa: “Abbiamo salvato i lavoratori, ma dal prossimo anno bisogna lavorare fin da subito alla loro stabilizzazione”. E poi, per tutto l’anno, i buoni propositi tornano nel cassetto. Nel frattempo, infatti, ed è il caso di questa legislatura, il tempo trascorre a mettere in ordine poltrone e caselle di rimpasti in giunta e commissioni all’Ars. Adesso, l’ultimo balletto: Faraone annuncia l’idea buona per sistemare tutti. Il compagno di maggioranza (a Roma e a Palermo) D’Alia gli fa notare che quella soluzione non è percorribile. Mentre a dire il vero, l’identikit di questa norma faraoniana ancora non si conosce. Ma è certamente frutto della solita, utilissima emergenza. La stessa ad esempio che porta in strada periodicamente la categoria dei forestali siciliani. Lo schema, lì, è sempre lo stesso: l’allarme sulla fine dei soldi, la protesta con tanto di picchetti e cortei che paralizzano la vita del resto della città, le solite frenetiche corse tra Palazzo dei Normanni e Palazzo d’Orleans per “trovare la soluzione”, soluzione che in un modo o nell’altro arriva. E lì inizia l’altra corsa. Quella ad accaparrarsi il merito di aver messo una pezza su un’emergenza che tornerà. Per fortuna, penserà qualcuno. Basti ricordare, ad esempio, i cori di giubilo degli “Ex Pip” dopo l’approvazione del nuovo, temporaneo sussidio. Cori che sostituivano quelli di insulti nei confronti di questo o quel politico. L’emergenza paga. In termini politici, di consenso.

Ma anche nella semplice amministrazione del potere. Come nel caso dell’emergenza che ha “costretto” il presidente della Regione a commissariare per anni Province e Aziende sanitarie. Da un lato, ecco la scusa di una riforma-flop. Che paradossalmente, però, ha finito per mettere nelle mani del governo la gestione di enti che fino al giorno prima potevano contare su organismi – a prescindere dalle virtù dei politici che li formavano – comunque eletti dal popolo. Dall’altro, la necessità di selezionare i nuovi manager “della Sanità moralizzata”. Nel frattempo, però, come si fa? Le Asp non possono restare senza un direttore generale. E lo stesso vale per tanti enti regionali. Sempre in emergenza. Come l’Esa, dove il commissario Francesco Calanna ha tagliato il traguardo del decimo rinnovo in pochi anni, o all’Irsap dove il governo ha inviato un “commissario ad acta”. Cioè un semplice funzionario che dovrebbe occuparsi di specifici atti e non della gestione complessiva dell’ente. Il caso vuole, poi, che si tratti di Mariagrazia Brandara, segretaria particolare dell’assessore Mariella Lo Bello. La solita, cara emergenza che è ormai cifra costante dell’amministrazione siciliana. E lo dimostra anche il caso dei nuovi affidamenti diretti da parte della dirigente Corsello alla solita società esterna. Quella storia è un po’ il simbolo di tutto. L’emergenza, lì, dura da tre anni. E torna buona per evitare i fastidiosi bandi e le gare a evidenza pubblica. Perché l’emergenza in Sicilia, comunque la si guardi, è utile a tutti.

Fonte: www.livesicilia.it
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