Mafia del carburante, 6 mazaresi tra i 43 indagati

Mafia dei carburanti, 6 mazaresi tra i 43 indagatiPompe di benzina taroccate e carburante che puzza di mafia. I finanzieri del Gruppo e del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo hanno arrestato nove persone (due in carcere e 7 ai domiciliari) e sequestrato 5 distributori. In tutto gli indagati sono 43. I reati contestati sono trasferimento fraudolento di valori, frode in commercio e fiscale.

In carcere sono finiti Danilo Lazzarotto e Rosario Montagna. Ai domiciliari i palermitani Cosimo Vernengo, Giorgio Vernengo, Natale Di Cristina e i catanesi Carmelo Munzone, Filippo Tirendi, Alessandro Primo Tirendi ed Eugenio Barbarino.

Le pompe di benzina sequestrate si trovano i via Roccella 161, via Leonardo da Vinci 392, viale Campania, corso Tukory 169 e via Messina Marine 435.

Le indagini sono partire nel 2013 da una verifica fiscale. I finanzieri hanno scoperto che il sistema di misurazione delle quantità erogate era stato manomesso per farsi beffa dei clienti. Da qui si è scoperta l’esistenza di un’associazione a delinquere che ha realizzato una frode fiscale attraverso false fatturazioni per 38 milioni di euro. L’Iva non versata ammonta a 7 milioni di euro.

Menti dell’organizzazione sarebbero i fratelli Vernengo. Cosimo, classe 1964, nel 2016 è tornato in carcere per estorsione. Si tratta, infatti, di uno dei condannati al “fine pena mai” per la strage Borsellini oe scarcerati quando sono state smascherate le bugie dei falsi pentiti. In carcere Cosimo c’era finito nel luglio del 1994. Nel 1999 tornò libero quando la Corte d’assise di Caltanissetta lo assolse per la strage, ma lo condannò a 10 anni per associazione mafiosa. Nel 2002 i giudici d’appello gli inflissero l’ergastolo e lui si rese irreperibile. Lo scovarono due anni dopo in una palazzina a Monreale.

Il 14 marzo 2013 i finanzieri si presentano in un impianto Ip al civico 161 di via Gustavo Roccella, non lontano dall’Università degli Studi. Quello che inizia come un controllo di routine finirà per svelare una rete di interessi e affari sporchi che parte da Palermo e arriva a Monfalcone, in Friuli, passando da Catania.

Il gestore della pompa di benzina di via Roccella è Alberto Melilli. Secondo gli investigatori, è uno dei prestanome dei fratelli Cosimo e Giorgio Vernengo. I finanzieri della Polizia tributaria di Palermo – quando iniziarono le indagini si chiamava ancora così mentre dal primo gennaio la denominazione è cambiata in Nucleo di polizia economico-finanziaria – trovano una serie di documenti che nulla sembrano avere a che fare con l’impianto.

Società nate con il solo scopo di emettere fatture false, altre che restano in vita appena un anno e un canale per esportare olio dall’Albania: c’è tutto questo nella complessa indagine a cui hanno lavorato anche i finanzieri del Gruppo Palermo. I fratelli Vernengo (il primo è un boss di Santa Maria di Gesù, mentre il secondo è già sotto processo per estorsione), con l’aiuto del nipote Francesco Urso, hanno creato un impero di pompe di benzina. Accanto a loro ci sono uomini fidati come Natale Di Cristina, Girolamo Leonardo, Carmelo Genovese e i fratelli Giuseppe e Giovanni Paganello.

L’organizzazione criminale non solo ha ideato un meccanismo per evadere le tasse – la frode fiscale tocca i 38 milioni di euro – ma fa pure la cresta sul rifornimento dei clienti. I cittadini si presentano ai distributori e nel serbatoio finisce l’8 per cento in meno di quanto si legga nella colonnina digitale. Per taroccare il contalitri in via Gustavo Roccella c’è voluto il lavoro di un esperto. Sotto l’asfalto hanno nascosto una scheda, una diavoleria elettronica collegata all’impianto e che serve a raggirare gli automobilisti.

Il gestore, Alberto Melilli, viene convocato in caserma. E dichiara: “Ammetto di aver commesso tutti i reati che mi sono stati contestati. Sono stati da me commessi solo ed esclusivamente a causa delle mie precarie condizioni economiche che mi hanno indotto ad accettare la collaborazione di un tale Luca il quale installò presso il mio distributore un sistema elettronico telecomandato che, attivato, consentiva una ridotta erogazione dei carburanti, pari a circa il 6% in meno, ai clienti. Attività che mi consentiva un maggiore guadagno”. Si accolla le colpe, dicono gli investigatori, solo per salvare il vertice dell’organizzazione. Non ci riuscirà.

Il suo telefono finisce sotto controllo, ed emergono i contatti con Di Cristina, braccio operativo dei Vernengo. Ed ecco giustificati i documenti trovati nel gabbiotto dell’impianto. Fotocopie di contratti, passaggi di proprietà, liste di movimenti bancari conservati dentro alcune buste con le dicitura “X Giorgio” e “X Di Cristina”. Altre fanno rifermento a Giuseppa La Mattina, moglie di Cosimo Vernengo, e ad una serie di persone che solo dopo saranno identificate come prestanome.

Ecco l’elenco completo delle persone coinvolte nell’inchiesta coordinata dai sostituti procuratori Claudia Ferrari e Giuseppina Motisi: i palermitani Alberto Melilli, Carmelo Genovese, Natale Di Cristina, Francesco Urso, Leonardo Girolamo, Giuseppe e Giovanni Paganello, Cristofalo Di Caccamo, Giacomo Lo Franco, Veronica Vizzini, Giovanni Razete, Salvatore Porretto, Giuseppe Farina, Cosimo e Giorgo Vernengo, Danilo Lazzarotto, Rosario Montagna, Carmelo Cancellieri, Francesco Rovetto, Andrea Palma, Salvatore Cardinale, Giuseppe Ingrassia, Giuseppe Acanto, Nunzio Santi Villari; Cosimo, Antonino e Marco Frittitta, Salvatore Stagno, Simone Girgenti, Francesca Supporta, Sebastiano Siino, Alessandro Lannaccone (nato a Napoli), Ndue Doje (Albania), Diego Cacciatore (Castellammare del Golfo), Francesco Burzotta (Mazara del Vallo), Carmelo Munzone (Catania), Alessandro Primo e Filippo Tirendi (Gravina di Catania), Eugenio Barbarino (Mascali), Giuseppe Prassede (Catania), Alberto Licatini, (Mazara Del Vallo), Sebastiano Vento (Mazara del Vallo), Antonio Tumminello (Mazara del Vallo), Battista Brignone (Mazara del Vallo).

Melilli, Genovese, Di Cristina, Urso, Leonardo, i fratelli Paganello, Di Caccamo, Lo Franco, Razete, i fratelli Vernengo, Lazzarotto, Montagna, Ingrassia, Acanto, Villari, i fratelli Frittitta, Lannaccone, Barbarino, Munzone, i fratelli Tirendi, Prassede sono indagati per associazione a delinquere. Gli altri sono i presunti prestanome e i componenti della società che emettevano le false fatturazioni.

Passano in amministrazione giudiziaria, su decisione del giudice per l’udienza preliminare Walter Turturici, gli impianti Ip di via Roccella (gestore Melilli), Esso in via Leonardo Da Vinci, 392 (gestore Vizzini); Erg di viale Campania (gestore Paganello Giovanni, ora impianto Gei intestato alla ditta individuale Di Cristina Natale); IP di corso Tukory 169 (gestore Genovese Carmelo); Esso di via Messina Marine 435 (gestore Paganello Giuseppe); IP di Monfalcone (gestore Lo Franco); Erg di viale Regione Siciliana 2028 (ponte Corleone).

FONTE: LIVESICILIA.IT

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