L’assessore Lo Bello denuncia: “Mafia nel settore pubblico”

L’assessore regionale alle Attività produttive Mariella Lo Bello punta l’indice contro chi ha gestito rifiuti, acque, energia, formazione e sanità. Guarda caso: “Tutti i settori più in crisi dell’Isola sono stati contaminati dall’interesse criminoso”

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Energie rinnovabili, rifiuti e acqua sono soltanto alcuni degli appetitosi comparti che fungono da ricca mangiatoia per la criminalità organizzata. Ormai da decenni esiste ed è ampiamente consolidata, a testimonianza di questa presenza, una vera e propria galassia di documenti composta, tra le altre cose, dalle relazioni delle commissioni di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, da studi della Corte dei Conti, dalle statistiche delle agenzie nazionali e regionali dell’ambiente.
Si aggiunge a questo fiume in piena anche dalla cronaca più recente legata al business nel settore degli incentivi per le rinnovabili, alle discariche e al giro d’affari nella gestione delle risorse idriche, senza dimenticare le testimonianze dirette come quella di Mariella Lo Bello, vicepresidente della Regione e assessore alle Attività produttive, che proprio ieri ha voluto riannodare i fili del discorso.
Una mano pesante e ben salda, quella della malavita, che anche il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, lo scorso dicembre, ha voluto ribadire, anticipando in parte l’allarme riferito ieri dall’assessore regionale in occasione della conferenza del progetto educativo antimafia promossa dal Centro Pio La Torre e intitolata “La presenza delle mafie nell’economia globale, le nuove diseguaglianze e l’esigenza di nuovi strumenti di contrasto nazionali ed internazionali” al cinema Rouge et Noir di Palermo.
“Acqua, rifiuti, energia, sanità e formazione – ha spiegato l’assessore – sono i cinque interessi che negli anni in Sicilia hanno avuto a che fare con organizzazioni finite poi con l’essere di stampo mafioso. Se oggi siamo in queste condizioni lo dobbiamo alle scelte politiche di un passato che ha oscurato le possibilità del futuro, le nostre speranze sono state violentate”.
Diversi i passaggi evidenziati da Lo Bello in occasione del suo intervento che comincia proprio col riferimento all’esperienza diretta per essere originaria di un territorio dove resta ben saldo il dominio della Stidda tra Palma di Montechiaro, Gela e Favara. E alla constatazione che oggi nella zona di Agrigento c’è un “silenzio assordante, e quando non accade nulla non è perché il fenomeno non c’è più, ma perché le organizzazioni criminali hanno fatto pace”.
La soluzione va rintracciata in una precisa e attenta attenzione di controllo di tutti i flussi economici, perché le mafie, com’è noto, si attaccano ai filoni di business più fiorenti e meno protetti. “Per colpire al cuore le mafie – ha proseguito – bisogna conoscere la provenienza delle risorse economiche, ricorrere alla tracciabilità così come indicato da Falcone nel suo metodo”. Per contrastare il fenomeno ci sono certo anche gli “atti eroici”, ma il vero contrasto “sta nella percezione del pericolo e nella scelta, nella necessità di dover dire no alle mafie piuttosto che rispondere a quel ‘calati juncu ca passa la china’” e nella possibilità di “affidarsi a una legislazione sui beni confiscati”.
Poi un riferimento anche alla crisi produttiva del commercio del dettaglio perché “spesso i centri commerciali sono le lavanderie di ultima generazione degli interessi mafiosi, fanno morire l’economia, impoveriscono la natura del territorio e colpiscono i piccoli esercizi”. Tra le misure di sostegno all’orizzonte, Lo Bello ha annunciato anche “un comitato permanente di aiuto per dare una mano alle aziende in crisi che non sono in condizione di camminare o sono soffocate”.
fonte: qds.it
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