La cantina Firriato denunciata per frode, la precisazione di Andrea Terenghi, PR di Gran Via Società e Comunicazione

La cantina Firriato denunciata per frodeContinua a mantenere alta l’attenzione la vicenda giudiziaria che vede contrapposti una delle più note aziende vitivinicole siciliane, la Firriato e lo chef Pino Maggiore, storico ristoratore trapanese, titolare del ristorante la “Cantina Siciliana”. Il pomo della discordia è proprio il nome del ristorante che sarebbe finito, all’insaputa del Maggiore, su una etichetta della Firriato per un vino commercializzato in Inghilterra. La vicenda, su istanza del ristoratore è approdata alla Procura della Repubblica di Trapani che dovrà pronunciarsi sul caso.

 

In merito alla vicenda giudiziaria che è finita sui mass media (la nostra testata ha pubblicato testualmente il dettagliato articolo prodotto dalla efficiente redazione di Telesud), riceviamo – in data odierna – e pubblichiamo, in maniera integrale la nota di rettifica, a firma Andrea Terenghi, PR di Gran Via Società & Comunicazione 

Questo il testo integrale:

“Egregio Direttore,
in merito all’articolo pubblicato su Marsala News in data 8 settembre 2017 dal titolo “la cantina Firriato denunciata per frode”, precisiamo quanto segue:
“Firriato ha sempre agito nel pieno rispetto della normativa nazionale e internazionale in materia di marchi.
Nell’esprimere la massima fiducia negli accertamenti che l’Autorità Giudiziaria riterrà di condurre, Firriato ribadisce la propria certezza che tali verifiche non potranno che confermare l’estraneità dell’azienda da ogni ipotesi di comportamento illecito.
La Società si riserva, naturalmente, di agire in ogni sede a tutela del proprio buon nome e della propria reputazione, frutto dell’impegno costante di quanti lavorano ogni giorno, con passione ed entusiasmo, per un’azienda fiore all’occhiello dell’enologia siciliana e nazionale di qualità”

 

La redazione di Marsala News nel prendere atto della nota di rettifica, a firma Andrea Terenghi, PR di Gran Via Società & Comunicazione, e non avendo nulla di personale nei confronti dell’Azienda,  della proprietà e delle maestranze che vi lavorano,  sará lieta di diffondere notizie che: “non potranno che confermare l’estraneità dell’azienda da ogni ipotesi di comportamento illecito”, come da voi auspicato.
Al solo scopo di garantire un’informazione corretta (visto che abbiamo sospeso la pubblicazione dell’articolo privo della vostra precisazione), pubblichiamo di seguito l’articolo a cui  fa riferimento la vostra rettifica sopra riportata.

Il Direttore
Alberto Di Paola

 

Questo l’articolo a cui fa riferimento la nota diffusa dalla Società di comunicazione Granvia:

Una vicenda surreale quella che è intercorsa in questi mesi fra una delle più note aziende vitivinicole siciliane, la Firriato e lo chef Pino Maggiore, storico ristoratore trapanese che con la sua Cantina Siciliana alla Giudecca, da decenni, delizia i palati degli avventori del locale, fra i più apprezzati del territorio.

I fatti: nel 2015 viene prodotto a Paceco un Perricone Syrah immesso sul mercato, però, intorno alla fine dello scorso anno che viene chiamato proprio Cantina Siciliana; con tanto di grafica che riprende in tutto e per tutto il logo dello storico locale. Ma c’è di più: nell’etichetta viene scritto nero su bianco che viene “presentato dallo Chef Pino Maggiore e dal Winemaker Peppe Pellegrino”, noto professionista del settore. Di più, nel retroetichetta si descrive, in inglese, il locale trapanese con tanto di data di apertura, il 1958; infatti, il Syrah sarebbe stato destinato esclusivamente per il Regno Unito dove è andato in distribuzione per circa 7 mesi con buone performance sul mercato, nonostante qualche recensione negativa per una qualità che non sembrerebbe delle migliori.

A quanto pare, però, e così si legge nell’esposto querela presentato da Maggiore, senza nessun straccio di accordo, tanto meno scritto, fra le varie parti in causa. Fatto sta che il prodotto viene messo in commercio; qualche decina di migliaia di bottiglie cominciano a circolare finché una non giunge fra le mani dell’inconsapevole Chef della Cantina Sicilia che trasecola alla vista di quella bottiglia con il “suo nome”. Un breve giro di telefonate, anche con l’enologo Pellegrino, che era al corrente della linea commerciale attivata da Firriato, qualche consulto ed il ristoratore decide di passare al contrattacco; prima con dei timidi approcci transattivi per esser risarcito dal danno d’immagine e dallo sfruttamento del logo della Cantina Siciliana senza alcuna sua autorizzazione che ne stabilisse eventuali aspetti finanziari dell’operazione, infine, andati a vuoto i primi, con la denuncia deposita lo scorso luglio; i reati ipotizzati sono frode e falsificazione di marchio.

Ora la palla passa alla Procura di Trapani per una vicenda che oggettivamente appare surreale visto i protagonisti in campo: una notissima azienda leader nel settore, anche se l’imbottigliamento “giuridicamente” sarebbe stato eseguito dalla A.V.S., società satellite dell’azienda madre tanto d’avere il domicilio nello stesso stabilimento di via Trapani fra Xitta e Paceco e della quale il 95% appartiene allo stesso Salvatore Di Gaetano, presidente della Firriato; uno stimato professionista ed un apprezzato Chef. Insomma, non certamente gli ultimi degli sprovveduti.

È impossibile pensare che una operazione commerciale del genere non abbia avuto alla sua base un contratto che ne descrivesse meticolosamente le clausole, finanziarie e non solo, che tutelava reciprocamente le posizioni. Eppure, uno straccio di pezzo di carta non c’è; questo è un dato di fatto. Ed altrettanto che le bottiglie sono state messe sul mercato con le etichette descritte. Nel frattempo, lunedì si è tenuta la prima udienza a Catania; sede della sezione specializzata in materia d’impresa dove i legali di Maggiore hanno ricorso parallelamente contro la Firriato e la Direct Wines per delle istanze cautelari inerenti “l’inibitoria dell’ulteriore commercializzazione del vino, con il ritiro dello stesso dal mercato, con relativa pubblicazione del provvedimento” con relativa penale se ciò non accadesse.

Questo, in attesa di un giudizio di merito dove i legali hanno intenzione di ricorrere per “promuovere” una causa civile per il risarcimento del danno che Maggiore reputa d’aver ricevuto dall’indebita iniziativa. Insomma, una vicenda surreale che sarebbe davvero imbarazzante se la Firriato, azienda che spesso si è contraddistinta con pubblicità personali della famiglia Di Gaetano, proprietaria della società, soprattutto tramite la moglie Vinzia Novara che più volte “ci ha messo la faccia”, sottolineando nelle proprie pagine istituzionali la necessità di “fare squadra sul territorio”, fosse incappata in uno scivolone del genere. Ma certamente la vicenda appare clamorosa, a maggior ragione se ne fosse dimostrato il raggiro di una delle parti.

FONTE: WWW.TELESUD3.COM
DEL GIORNO 08 SETTEMBRE 2017

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