Infanticidio a Trapani, arrestata la mamma, “complice” una società distratta e malsana

Il neonato ucciso ieri, dopo appena aver visto la luce per la prima volta, ha “distrutto” una famiglia e scosso la comunità trapanese. Mamma minorenne agli arresti mentre l’opinione pubblica sa solo criticare.

 

Trapani é ancora triste, attonita, sconvolta dall’infanticidio di venerdì scorso. Il gesto inconsulto di una una ragazza che ha ucciso il proprio figlio appena partorito per paura di dirlo ai genitori. Per giorni la cronaca ha raccontato la storia in tutte le salse contribuendo a diffondere un clima di “Santa inquisizione”. Tutti pronti a lapidare la minorenne, autrice di un efferato delitto. Pochi quelli che si astengono da commenti lapidari e parlano della tragedia nella tragedia: quella del bimbo ucciso e quello di una ragazzina che ha segnato per sempre la sua vita. La cronaca (sotto riportiamo un articolo dettagliato), é agghiacciante, 9 mesi di paura per una la gravidanza nascosta ai propri genitori, il terrore di essere scoperta, il parto a casa, da sola, quindi fuori di testa prende il nascituro e lo lancia dal balcone del quinto piano dello stabile in cui abita con la famiglia.

 

Quanto accaduto é un crudo, quanto inconcepibile, fatto di cronaca che, al di là del gesto inconsulto, apre infiniti scenari sotto l’aspetto sociale e antropologico. Ancora una volta, suona un campanello d’allarme per il più grande fallimento della società di oggi: la venuta meno del ruolo della famiglia e della scuola, la latitanza delle istituzioni, l’assenza della chiesa che non riesce ad avvicinare i giovani e a fare da aggregante sociale

 

Per nostra natura non amiamo i processi di piazza, ma non assolviamo neanche la protagonista della vicenda, tantomeno ci ergiamo a giudici. Intendiamo solo scrollare la coscienza della società civile affinché i buoni “samaritani” – categoria in via di estinzione in questo secolo – intervengano prima che si verifichino eventi del genere. Ora il mondo dei social, giustizieri per loro indole, si scagliano contro la ragazza, la famiglia, i parenti, gli amici… Tutti sanno; commentano, criticano ed emettono sentenze inveendo contro la diciassettenne per aver commesso il fatto (ha confessato), la famiglia, parenti ed amici perché – a loro dire – non potevano non sapere o quantomeno sono “complici” per non essere intervenuti prima del fattaccio.

 

A nostro avviso le vere vittime sono due, un neonato a cui é stata negata la vita ed una adolescente che, dopo guai giudiziari e relative conseguenze, per tutta la sua esistenza conviverà con un atroce rimorso di coscienza. Sarebbe opportuno interrogarsi sul perché, piuttosto che lanciare accuse a destra e a manca, allo scopo di rompere quell’oscuro velo che ci rende miopi, insensibili, mine vaganti in una società troppo egoista che emargina e non dà aiuto ad alcuno. E’ questo l’humus su cui maturano gli episodi di cronaca nera più terrificanti.

 

Qualcuno disse: “prevenire é meglio che curare”, ebbene chi si é mai occupato della prevenzione di fattacci del genere? Nessuno! Il caso Trapani, verificatosi il giorno dopo a quello di Ragusa e a migliaia di altri precedenti, é solo quello del momento. L’eco dei media, quello dei social e le chiacchiere fra commari fra qualche giorno scemeranno; tutto cadrà nel dimenticatoio. E, nella più assoluta indifferenza, si aspetterà la prossima notiziaccia, magari a migliaia di chilometri, per scatenare una nuova ondata di odio misto a falso perbenismo. Nel frattempo nessuno farà nulla per poter creare i presupposti affinché non si verifichino episodi simili. In caso contrario quando dovesse accadere un altro episodio di cronaca sconvolgente non cerchiamo il ‘Caino’ di turno, non campiamo in aria processi mediatici, ma abbiamo almeno il buonsenso di starcene zitti perché, indirettamente, siamo tutti COMPLICI.

Alberto Di Paola

 

La notizia di cronaca di Ansa e Repubblica sui fatti accaduti a Trapani

Dopo un lungo interrogatorio, spesso interrotto da crisi di pianto, è stata arrestata con l’accusa di omicidio volontario la ragazza di 17 anni che a Trapani ha lanciato dalla finestra della sua abitazione il bambino che aveva appena partorito. La minorenne si trova ancora ricoverata nel reparto di ginecologia dell’ospedale Sant’Antonino abate di Trapani.

La polizia sta valutando anche le posizioni della madre della ragazza e della collaboratrice domestica che si trovavano in casa al momento dei fatti. Le due donne hanno sostenuto di non essersi accorte del parto e della soppressione del neonato

La tragedia si è consumata ieri in un condominio alla periferia di Trapani. Il neonato morto, col cordone ombelicale ancora attaccato, è stato ritrovato in strada. Il mistero è durato poco tempo, perché quel neonato era stato partorito da una minorenne che lo ha lanciato dalla finestra della casa in cui abita con i genitori.

Ma un residente della zona ha fatto la terribile scoperta, e la ragazza è crollata. Ha detto che era il bambino che portava in grembo. I genitori hanno dichiarato che non sapevano nulla di quella gravidanza e che non avevano notato nulla di strano nella figlia che è di costituzione robusta. Il padre della ragazzina è un appartenente alle forze dell’ordine.

Il neonato è stato trovato con diverse ferite provocate dalla caduta dentro al complesso residenziale alla periferia di Trapani. Adesso la procura sta cercando, insieme con gli agenti della scientifica, di comprendere se il bambino fosse o meno vivo al momento del parto.

“Avevo paura di dire ai miei genitori che ero incinta. Temevo la loro reazione. Sono disperata”. Sono le parole, tra le lacrime, che avrebbe pronunciato, come apprende l’Adnkronos, la ragazza madre di 17 anni è stata sentita dagli inquirenti che hanno interrogato anche i genitori. Stasera il provvedimento di arresto.

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