Guerra, l’aria di recessione economica si avverte nel teritorio, Sicindustria Trapani teme una grande crisi

Sicindustria: “cala dell’1% l’export in provincia di Trapani, aumenta il prezzo delle componenti energetiche e del carburante, lievita il costo della vita: “i venti di guerra” spirano anche nel trapanese”

La guerra in Ucraina sta avendo forti ripercussioni sul nostro Paese. Gli ec consolidati rapporti commerciali tra Italia e Russia (valore commerciale, oltre 27 miliardi di euro) traballano, come la stabilità di tante aziende nostrane che vivono grazie alle esportazioni del Made in Italy. I mercati Russi – Ucraini, minacciati dal conflitto e dalle sanzioni economiche decise dal blocco occidentale formato da Stati Uniti e Unione Europea, stanno mettendo in serio pericolo la stabilità di gran parte delle imprese italiane che esportavano in quei territori la guerra sta congelando circa 27 miliardi d’import ed export tra Italia, Russia e Ucraina. L’export vale 9,8 miliardi, di cui 7,7 verso la Russia, mentre l’import ben 17,3 miliardi, di cui 14 dalla Russia. A Mosca esportiamo circa l’1,5% dell’export totale della Penisola. Si tratta di un grosso giro di affari che coinvolge circa 11 mila aziende, fra cui tante sono in Sicilia. Per avere un quadro dettagliato di quanto sta accadendo in provincia di Trapani abbiamo intervistato Vito Pellegrino (imprenditore del settore lapideo), Presidente di Sicindustria (la più vasta Associazione di Territorio del Sistema confindustriale siciliano che conta oltre 1.000 imprese associate e circa 50.000 dipendenti.

Presidente, quali sono le ripercussioni della guerra nel trapanese?

“Gli effetti negativi della guerra si avvertono anche in provincia di Trapani. Seppure l’export verso Russia ed Ucraina del 28 febbraio, giorno in cui ebbe inizio il conflitto bellico, si è bruscamente interrotto le perdite sono tutto sommato sopportabili visto che la nostra provincia esporta solo l’1% delle esportazioni in quei mercati. Le aziende trapanesi esportavano principalmente di prodotti enologici ed’agroalimentari (vino, alcolici in genere, olio extravergine d’oliva, ecc.). Molto più consistenti sono i danni provocati dalla venuta meno delle importazioni dovute sia all’interruzione delle produzioni in Ucraina e all’embargo adottato dai Paesi Nato in Russia. Scarseggia il legno che negli ultimi mesi sta diventando un bene prezioso per le quotazioni raggiunte. Il comparto dell’edilizia, la carpenteria, ma anche il settore degli imballaggi è in difficoltà. Stessa cosa, anche se meno avvertita, sta accadendo con il grano, il cui costo continua ad aumentare mettendo in difficoltà l’industria alimentare. Un vero disastro sono le materie energetiche, come la venuta meno del gas russo che, in un periodo di già nero per l’aumento indiscriminato del costo del Petrolio, sta mettendo in ginocchio il mondo produttivo, ma anche quello dei consumatori che hanno visto lievitare i costi di tutti i prodotti in commercio, a inziare dall’energia elettrica che è aumentata del 150%, seguita dal caro carburante che in pochi mesi ha portato i prezzi attorno ai 2 euro litro”.

Il comparto economico trapanese è in crisi?

“Sicuramente non sta bene, le imprese producono con notevoli difficoltà. Quando si iniziava a credere nella ripresa dopo covid, che aveva visto crescere l’export di questa provincia nel 2021 ai livelli record che si erano registrati nel 2018, la guerra ha cambiato gli scenari gettando nello sconforto; gli imprenditori che hanno ridotto le produzioni, producendo per lo più in perdita; i loro dipendenti, molti dei quali già in cassa integrazione, che temono di perdere il posto di lavoro; i consumatori, soprattutto le fasce più deboli, che iniziano a privarsi di beni e servizi edonistici. Direi che oggi non solo la provincia di Trapani, ma l’intero Paese, è sull’orlo di una grande depressione”.

Come si esce da questa crisi?

“E’ difficile fare previsioni in questo momento. Intanto dobbiamo sperare che la guerra non duri più di 2 mesi, poiché i danni potrebbero essere irreversibili per l’economia locale. Il Governo, per ridurre i costi di produzione e di trasporto sui cui incidono notevolmente i costi delle componenti energetiche e del carburante, dovrebbe intervenire concretamente alla fonte. Gli 8 miliardi impiegati dallo Stato per calmierare tali sono insufficienti visto che erano stati chiesti 37 miliardi dalle associazioni che rappresentano il mondo produttivo. Ridurre i costi energetici significa non solo favorire la produzione e la distribuzione dei prodotti ma agire anche nel sociale, a favore delle fasce deboli della società. Il reddito pro capite medio nel trapanese è basso, non a caso siamo la quinta provincia d’Italia per incidenza nella spesa pubblica del reddito di cittadinanza. Sicuramente occorreranno leggi ad hoc per incentivare l’economia, come si è fatto con i ristori subito dopo il covid. Sta allo Stato, disponibilità economiche permettenti, intervenire con un piano di rilancio. Gli imprenditori, da soli, potranno fare ben poco”.

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