Condannato per il tentato omicidio della giornalista Paganelli, se ne andava in giro libero. La polizia lo ha arrestato

-polizia-squadra-volante-commissariato-di-marsala-polizia-di-stato-marsalanews-anzianaSi era allontanato da casa, incurante degli arresti domiciliari conferitegli a seguito della condanna per il tentato omicidio di Patrizia Paganelli, la giornalista marsalese rimasta vittima di una spietata aggressione il 3 agosto del 2015. La Paganelli a seguito dell’aggressione, furono diagnosticate delle ferite guaribili in 30 giorni. L’uomo è stato notato dagli agenti di una pattuglia del Commissariato di Polizia di Marsala davanti ad un bar del centro. E subito scattato l’arresto per evasione dagli arresti domiciliari. Francesco Lo Grasso, era  stato condannato in primo grado, dal Tribunale di Marsala, ad una pena a 10 anni e 8 mesi di reclusione perché ritenuto colpevole di avere colpito ripetutamente colpito con una spranga la giornalista marsalese, nonché sua vicina di casa. I difensori di Lo Grasso, gli avvocati Paolo Paladino e Angelo Vita, per quanto attiene alla condanna in primo grado per tentato omicidio hanno presentato ricorso in Appello.

Lo Grasso, che a seguito della condanna si trovava in stato di arresti domiciliari in contrada Pastorella (poco distante dall’abitazione della giornalista) è ritornato in Tribunale ed il giudice monocratico Marcello Saladino, che ha convalidato l’arresto effettuato dagli agenti di Polizia, ha disposto nuovamente gli arresti domiciliari con l’aggravante dell’applicazione del braccialetto elettronico.

 

Ci è sembrato opportuno, al di là della cronaca dei fatti, pubblicare lo sfogo lanciato la collega Patrizia Paganelli in un post su Facebook:
patrizia-paganelli-giornalista-marsala-vittima-di-aggressione“Ieri giornata di terrore.
L’uomo che il 3 Agosto del 2015 voleva uccidermi con una spranga di ferro di circa un kilo e mezzo e’ stato processato per direttissima per avere evaso gli arresti domiciliari- la Polizia di Via Verdi di Marsala lo ha prelevato in un bar del centro dove l’uomo allegramente sostava. Oggi nonostante l’evasione e’ nuovamente agli arresti domiciliari disposti dal giudice Marcello Saladino che ha richiesto l’applicazione del braccialetto elettronico, il dispositivo che monitora sugli spostamenti della persona posta agli arresti domiciliari. La domanda in questi casi e’ la seguente: Come mai un soggetto pericoloso e con intenzioni omicide, macchiatosi di un reato gravissimo, aggredire una donna e volerla uccidere, come lui stesso ripeteva mentre mi colpiva con estrema violenza sulla testa, non sulle gambe, con uno oggetto atto a procurarne la morte, possa restare libero (non in carcere) di vagare per la città con la possibilità di trovarmelo di fronte?
Ieri sono stata malissimo ho rivissuto i terribili momenti dell”aggressione il panico per vedere la morte in faccia. Urlare a vuoto, nessuno arrivava a salvarmi mentre restavo incastrata tra due automobili la mia e la sua accuratamente posta in posizione a mo di trappola, come si fa con i ratti, per farmi fuori. Se mia figlia che vive a Milano non fosse stata a casa a Marsala, oggi, non starei qui a scrivere.
La legge italiana tanto clemente con i criminali ogni giorno si rende complice di tutti gli omicidi al femminile permettendo all’aggressore (omicida) troppe garanzie e nessuna alle vittime che come me vonno recluse in casa. Siamo noi donne a subire. Sono io agli arresti domiciliari, io che porto addosso i segni e il dolore della violenza di un uomo con tratti evidenti di criminalità mafiosa. Una persona convinta di essere nel giusto e di essere lui stesso la legge e la giustizia, lui che si arroga il diritto di vita e di morte su una donna inerme, se non sta alle sue pretese, al suo potere violento e prepotente-mafioso.
Siamo al paradosso con una legge che in Italia permette ad una persona condannata da un giudice coscienzioso che per giunta si e’ attenuta strettamente ai fatti evidenti perche’ registrati dalle telecamere occhio preciso e infallibile, di poter accedere agli altri gradi di giudizio, assurdo, viste le prove schiaccianti, cosa intende pretendere il tizio e i suoi avvocati !?
Sento di poter dire che un Paese e’ democratico quando ha una giustizia efficiente ed efficace, e una pena certa e proporzionata al reato commesso. Chi intende procurare la morte di una persona e lo fa con strumenti atti al suo raggiungimento e viene colto nell’ atto criminale ha secondo voi il diritto di pretendere una pena inferiore ad 8 anni? A mio avviso dovrebbe ritenersi fortunato che gli sia stato concesso un processo con il rito abbreviato, che consente la riduzione di un terzo della pena, espiarla ed imparare la lezione.
Patrizia Paganelli”
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