Arrestati all’alba 56 mafiosi agrigentini. Svelati i legami tra i clan isolani e le ‘ndrine calabresi

Sono stati decapitati i vertici agrigentini di cosa nostra. I carabinieri del comando provinciale di Agrigento hanno eseguito cinquantasei ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti dei vertici dei mandamenti e delle famiglie mafiose. L’inchiesta dei carabinieri ha svelato legami tra le cosche locali e la mafia di tutte le province di tutta la Sicilia e le ‘ndrine calabresi.

Al centro dell’inchiesta ci sono Francesco Fragapane, mandamento di Santa Elisabetta; Giuseppe Nugara, reggente della famiglia mafiosa di San Biagio Platani; Giuseppe Quaranta, referente della famiglia di Santa Elisabetta; Giuseppe Luciano Spoto, reggente della famiglia di Bivona; Calogerino Giambrone, Salvatore La Greca e Vincenzo Mangiapane della famiglia mafiosa di Cammarata e San Giovanni Gemini, Pasquale Fanara, della famiglia mafiosa di Favara, Antonino Vizzì. reggente della famiglia di Raffadali; Ciro Tornatore, reggente della famiglia di Cianciana; Salvatore Di Gangi, reggente del mandamento di Sciacca; Giuseppe Scavetto, della famiglia di Casteltermini; Giovanni Gattuso, reggente della famiglia mafiosa di Castronovo di Sicilia.

Tra i coinvolti dell’inchiesta sui clan agrigentini anche Santo Sabella, sindaco di San Biagio Platani, eletto alle ultime amministrative. I pm della dda di Palermo gli contestano di avere concordato le candidature delle ultime comunali del 2014 con esponenti mafiosi di vertice del suo paese e fatto illecite pressioni nell’assegnazione di appalti.

In carcere finiscono Carmelo Battaglia, Giuseppe Blando, Giorgio Cavallaro, Vincenzo Cipolla, Franco D’Ugo, Giacomo Di Dio, Santo Di Dio, Salvatore Filippo Di Ganci, Angelo Di Giovanni, Vincenzo Dolce, Francesco Maria Antonio Drago, Concetto Errigo, Pasquale Fanara, Francesco Fragapane, Raffaele Salvatore Fragapane, Giovanni Gattuso, Alessandro Geraci, Angelo Giambrone, Calogerino Giambrone, Raffaele La Rosa, Roberto Lampasona, Calogero Limblici, Calogero Maglio, Vincenzo Mangiapane (1954), Vincenzo Mangiapane (classe ’55), Vincenzo Mangiapane (classe ’71), Domenico Maniscalco, Antonio Giovanni Maranto, Pietro Paolo Masaracchia, Giuseppe Nugara, Salvatore Pellitteri (classe ’92), Vincenzo Pellitteri, Luigi Pullara, Salvatore Puma, Giuseppe Quaranta, Pietro Stefano Reina, Santo Sabella, Giuseppe Scavetto, Calogero Sedita, Giuseppe Luciano Spoto, Massimo Spoto, Vincenzo Spoto, Gerlando Valenti, Stefano Valenti, Giuseppe Vella, Salvatore Vitello e Antonino Vizzì.

Arresti domiciliari per Adolfo Albanese, Salvatore La Greca, Calogero Quaranta, Stefano Di Maria, Salvatore Montalbano (classe ’92), Calogero Principato, Marco Veldhuis, Antonio Domenico Cordaro, Francesco Giordano e Domenico Lombardo. Il giudice Filippo Serio ha imposto l’obbligo di firma a Vincenzo Valenti, Nazarena Traina, Viviana La Mendola e Antonio Scorsone. Due indagati sono sfuggiti all’arresto perché all’estero. Si tratta di Antonio Licata e Daniele Fragapane.

L’indagine sui clan agrigentini è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Claudio Camilleri. Accertate 27 estorsioni a imprese, negozi e anche a cooperative che si occupano dei richiedenti asilo. Sette società sono state sequestrate: le aziende V. & F. Group srl di Agrigento, Mg Giochi di Traina Nazarena con sede a Cammarata, il centro scommesse “GoldBet” di corso Umberto I a Casteltermini e LI.Ve.Ca. srl con sede a Racalmuto. Sigilli anche ai patrimoni aziendali delle imprese individuali di Stefano Valenti, Gerlando Valenti e Vincenzo Spoto.

L’operazione ha di fatto disarticolato i mandamenti di Santa Elisabetta e Sciacca e sedici famiglie mafiose della provincia. Tra gli arrestati per concorso esterno in associazione mafiosa anche il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella, eletto alle ultime amministrative. I pm della dda di Palermo gli contestano di avere concordato le candidature delle ultime comunali del 2014 con esponenti mafiosi di vertice del suo paese e fatto illecite pressioni nell’assegnazione di appalti.

Nel mirino anche esponenti delle cosche di Caltanissetta, Palermo, Enna, Ragusa e Catania. L’inchiesta ha svelato legami tra le cosche locali e la mafia di tutte le province della Sicilia e le ‘ndrine calabresi. Accertate anche estorsioni a 27 aziende ed un vasto traffico di droga. Gli affiliati avrebbero chiesto il pizzo alle cooperative per la gestione degli immigrati richiedenti asilo. Sette società riconducibili ai clan sono state sequestrate. L’imponente blitz, è stato coordinato dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo è stato denominato “Operazione Montagna”, è stato eseguito da 400 militari, supportati da un elicottero, dallo squadrone eliportato cacciatori Sicilia e da unità cinofile.

 

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