Ryanair e l’assurdo colloquio di lavoro: “La divisa te la paghi tu”

L’esperienza raccontata da un candidato nelle selezioni Ryanair svolte a Roma

In questi giorni è agli onori delle cronache il caso Alitalia, sotterrata da gestioni fallimentari e da costi fuori controllo da anni. All’estremo opposto ci sono le compagnie low cost particolarmente agili e dinamiche come Ryanair, che prosperano invece su costi fissi molto bassi e flessibilità. Ma tutto ha un prezzo, come spiega perfettamente l’esperienza di un giovane che ha reso pubblica la sua partecipazione alle selezioni della compagnia irlandese.

Sandro Gianni, questo il suo nome, ha raccontato la sua esperienza sull’assurdo colloquio di lavoro sul sito delle Camere del lavoro autonomo e precario, Clap, partendo dalla selezione che avviene tramite un algoritmo fino all’esperienza nell’albergo di Tor Vergata con i selezionatori: “Ci chiamano e andiamo tutti insieme nel seminterrato dell’albergo, in una sala conferenze. Eliminata la prima decina di candidati con un test di inglese da seconda media, la selezione entra nel vivo. O meglio, nel video. Proiettano una presentazione del lavoro, divisa per sezioni: informazioni tecniche sulle diverse mansioni; procedure di inizio; questioni retributive e contrattuali; possibilità di carriera; criteri di premialità; caratteristiche dell’azienda che offre il lavoro e dell’agenzia di recruitment che assume (due cose diverse: una è Ryan; l’altra una fusione tra Crewlink e Workforce International… sì, si chiama proprio così!)”.

A chi rimane, vengono espresse le tre importanti caratteristiche da avere: parlare inglese, essere disponibili a trasferimenti ed essere sempre flessibili e sorridenti. La selezione prosegue con un video su quanto sia divertente e utile il corso di formazione a bordo. Poi si passa a parlare di retribuzioni: “Si viene pagati un po’ in base all’orario e un po’ a cottimo. Nel senso: un fisso non esiste; sono retribuite solo le ore di volo; si percepisce il 10 per cento su ogni prodotto venduto (…adesso lo capite il perché di tanto rumore?). Il contratto è registrato in Irlanda o nel Regno Unito. Si hanno delle agevolazioni sui viaggi in aereo. Il salario mensile dovrebbe oscillare tra 900 e 1.400 euro lordi, in base al luogo di ricollocamento. “We try to keep the wages homogeneous among our workers”. “Bella l’uguaglianza, quando non schiaccia tutti verso il basso”, penso io. Viene poi fatto cenno a un periodo annuale in cui non si lavora e non si ricevono soldi: da uno a tre mesi. Ma il selezionatore ci assicura che questa pausa non supera (quasi) mai i 30 giorni”.

C’è però una nota che stona, scrive ancora Gianni nel suo racconto: “Il rapporto premi-punizioni, però, è più complesso e configura per intero il sistema di retribuzione. Ovviamente, se i diritti diventano premi e i doveri debiti, tutto cambia. Non si parla di tredicesima e/o quattordicesima, ma di bonus, che si ricevono solo il primo anno. Trecento euro il primo mese di lavoro, altrettanti il secondo, il doppio il sesto. Chi va via prima della conclusione dei primi 12 mesi, però, deve restituirli tutti. Inoltre, la divisa (quella bella di cui sopra) costituisce un costo esternalizzato al lavoratore: il primo anno sono 30 euro al mese scalati direttamente dalla busta paga; successivamente pare si ricevano dei soldi, ma non si capisce bene per cosa, se per lavarla o non perderla.
Per ultimo, il corso di formazione per diventare hostess o steward si rivela qualcosa di più di un parco giochi in cui fare festini con altri esponenti multikulti della generazione Erasmus. Principalmente, si rivela un’enorme spesa. Se all’inizio era stato comunicato che, in via eccezionale, le registration fees del corso erano dimezzate a 250 euro, è alla fine che viene fuori il vero prezzo da pagare. Ci sono due modalità differenti: 2.649 euro se paghi prima dell’inizio e tutto in un colpo; 3.249 se decidi di farti scalare il costo dallo stipendio del primo anno (299 euro dal secondo al decimo mese, 250 gli ultimi due)”.

Inevitabili, a quest punto, le domande dei presenti e la risposta che arriva dai selezionatori di Ryanair e imbarazzata e imbarazzante, dice il giovane: “Si aprono le domande. Dopo alcune irrilevanti su sciocchezze burocratiche, alzo la mano. “Ci avete parlato di un massimo di ore di volo a settimana, ma mai delle ore totali di lavoro. Quante sono?”, chiedo. “Voi siete pagati in base alle block hours, cioè le ore calcolate dalla chiusura delle porte prima del decollo, all’apertura dopo l’atterraggio. I tempi di preparazione dell’aereo, prima e dopo il volo, possono variare”. Varieranno pure, ma di sicuro non vengono pagati, nonostante siano tempi di lavoro.

Alza la mano quello dietro di me. “Scusi la domanda, ma ho bisogno di fare dei conti. Diciamo che uno stipendio per una destinazione non troppo cara è di 1.000 euro. Ve ne devo restituire 330 al mese tra corso e divisa. Ne rimangono 670. Dovrò prendere una stanza in affitto, diciamo almeno 300 euro. Ne rimangono 370. In più avrò bisogno di pagare un abbonamento ai mezzi per raggiungere l’aeroporto e coprire almeno le spese della casa anche nella pausa annuale in cui non si lavora. Diciamo che, se va bene, rimangono 300 euro. E non ho scalato le tasse, perché non so come si calcolano in Irlanda o UK. Secondo lei, con questi soldi si può vivere?”. Sbem.

Il selezionatore della società di recruitment, fino a quel momento cordiale e spiritoso, accusa il colpo. Deglutisce. Tossisce. Arrossisce. Si butta sulla fascia, prova un diversivo. “With this work you don’t get rich, but it’s in accordance with your capacity and affords your lifestyle”. Alla fine, anche qui le nostre capacità valgono poco più di un pacchetto di sigarette al giorno. Chissà, invece, come ha calcolato il nostro stile di vita!”.

fonte: http://quifinanza.it/lavoro

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