Chiesta la conferma dei 45 anni di carcere per i fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro

Processo d’appello ai fedelissimi del capomafia. La Dda: “Un esercito di affiliati al suo fianco”

Confermare i quarantacinque anni di carcere già inflitti in primo grado a 9 fedelissimi di Matteo Messina Denaro. È la richiesta del procuratore generale Giuseppe Fici al processo d’appello per 13 imputati, accusati di aver fatto parte dei clan mafiosi di Trapani e Castelvetrano. A vario titolo rispondono di mafia, estorsione, armi, detenzione di droga, lesioni e favoreggiamento.

Il pg ha chiesto la conferma delle precedenti condanne per Girolamo Bellomo, marito della nipote di Messina Denaro, che prese 10 anni e 10 mesi in primo grado, Ruggero Battaglia (8 anni), Salvatore Marsiglia (6 anni), Giuseppe Nicolai (6 anni e 8 mesi), Marco Giordano (un anno e mezzo), Giovanni Li Gambi (un anno e 2 mesi), Benito Morsicato (2 anni), Salvatore Vitale (6 anni e 8 mesi) e Salvatore Lo Piparo (2 anni), collaboratore di giustizia che lavorò alla soap opera della Rai “Agrodolce”, girata in Sicilia.

Rispetto alla sentenza di primo grado, la procura generale ha preso le distanze solo su quattro posizioni: quelle di Leonardo e Rosario Cacioppo, per i quali il pg ha chiesto un aggravamento della pena, da portare a 10 anni e 7 mesi per Leonardo e 8 anni e 7 mesi per Rosario. Quattro anni la richiesta per Giuseppe Fontana, assolto in primo grado. Infine, stralciata la posizione di Calogero Giambalvo, ex consigliere comunale di Castelvetrano per il quale è stata rinnovata l’istruttoria dibattimentale.

L’indagine fece emergere la rete di connivenze dietro la latitanza di Messina Denaro: un bacino sterminato di parenti e conoscenti cui delegare la gestione del clan e dei suoi affari, tra estorsioni, rapine e spaccio. L’ultimo colpo ai fiancheggiatori della primula rossa è di pochi giorni fa: il decreto di fermo eseguito dal Ros la notte tra il 9 e il 10 maggio ha fatto finire 14 persone dietro le sbarre. Passano gli anni, si stringe il cerchio, ma Messina Denaro continua a poter contare sul suo personale “esercito”, come si legge negli atti di indagine della Dda: quando, intercettati, parlano di “esercito”, i fedelissimi di Messina Denaro intendono “un esercito di affiliati a totale disposizione del capo di Cosa Nostra trapanese”

fonte: repubblica.it

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