VIDEO: Appalti sotto “l’egida” di Messina Denaro, scatta l’operazione “Ebano”

Si stringe il cerchio attorno a Matteo Messina Denaro, i carabinieri arrestano un imprenditore e il suo faccendiere. Nel corso dell’operazione “Ebano” i militari hanno notificato avvisi di garanzia nei confronti di altri 4 indagati tra cui due funzionari del Comune di Castelvetrano. Altri 4 imprenditori edili castelvetranesi “sospetti di avere avuto rapporti con la mafia” sono stati raggiunti della misura cautelare del divieto di esercitare l’attività d’impresa.

Stamane, dalle prime luci dell’alba, militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani e del ROS stanno eseguendo 2 ordinanze di custodia cautelare in carcere,  nei confronti dell’imprenditore castelvetranese, Rosario Firenze, e il suo geometra Salvatore Sciacca per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, fittizia intestazione di beni, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di beni.

Sono in corso inoltre altre 4 notifiche della misura cautelare del divieto di esercitare l’attività d’impresa a carico di altrettanti imprenditori edili castelvetranesi e la notifica dell’avviso di garanzia nei confronti di altri 4 indagati tra cui due funzionari del Comune di Castelvetrano e due fratelli di Rosario Firenze. In corso inoltre alte numerose perquisizioni.

Matteo Messina Denaro continua ad essere un fantasma, ormai dal 1993. Un fantasma che spende tanto per mantenere la sua dorata latitanza, sembra che viaggi e non rinunci alla bella vita. I carabinieri del comando provinciale di Trapani diretto dal colonnello Stefano Russo hanno scoperto che la primula rossa di Castelvetrano poteva contare su un fidatissimo imprenditore suo concittadino, che in questi ultimi anni è stato il ras degli appalti al Comune. Rosario Firenze, arrestato questa mattina, razziava soldi pubblici destinati a lavori piccoli e grandi, con affidamenti diretti o subappalti, una buona percentuale dei guadagni l’avrebbe recapitata al latitante attraverso la sua famiglia. Nella migliore tradizione criminale italiana: le opere pubbliche sono una “mangiatoia”, come la chiamano i mafiosi.

Rosario Firenze, per gli amici “Saro”, era stato interdetto tre anni fa dalla prefettura di Trapani per le sue frequentazioni poco raccomandabili. Non era stato un problema, questo dicono le indagini della procuratrice aggiunta della Dda di Palermo Teresa Principato e dei sostituti Francesco Grassi, Carlo Marzella e Maurizio Agnello. Saro Firenze continuava a gestire il suo potere sui lavori pubblici del Comune di Castelvetrano attraverso le imprese dei fratelli, adesso è accusato di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni e turbata libertà degli incanti: le due aziende edili di famiglia, che valgono sei milioni di euro, sono state sequestrate.

Del manager a disposizione del clan ha parlato l’ultimo pentito della mafia trapanese, Lorenzo Cimarosa, il cugino acquisito del superlatitante: “Firenze è il compare di Anna Patrizia Messina Denaro, la sorella di Matteo, a lei consegna i soldi”, ha spiegato.

L’ordinanza del giudice delle indagini preliminari Nicola Aiello riguarda anche il fidato geometra tuttofare di Firenze, Salvatore Sciacca, è finito ai domiciliari: è accusato di turbativa d’asta, avrebbe intrattenuto i contatti con i funzionari infedeli del Comune di Castelvetrano. I carabinieri del nucleo Investigativo e del Ros hanno notificato anche quattro divieti di esercitare l’attività di impresa ad altrettanti titolari di ditte edili di Castelvetrano, quattro avvisi di garanzia sono stati consegnati a due funzionari del Comune e a due fratelli di Saro Firenze.

Per il Comune di Castelvetrano, da marzo sciolto per infiltrazioni mafiose, un’altra brutta pagina. Le intercettazioni hanno svelato gli appalti finiti nel mirino del clan, quasi tutti fatti male. E, adesso, dopo gli arresti, partiranno anche i controlli sulle opere realizzate. Fra i lavori al centro dell’inchiesta quelli per la realizzazione della condotta fognaria, per la manutenzione ordinaria di strade e fognature, per la demolizione dei fabbricati fatiscenti all’interno dell’ex area dell’autoparco comunale. Un altro tassello nelle complicate indagini per cercare di risalire al fiume di soldi che arriva al latitante.

Nei mesi scorsi, una pista aveva portato i magistrati in Svizzera, sulle tracce di un altro imprenditore parecchio intraprendente, Mimmo Scimonelli, pure lui sospettato di essere diventato un bancomat di Matteo Messina Denaro. Ma è rimasta una pista d’indagine. Una cosa sembra certa, l’erede di Totò Riina non si fida di nessuno, e nessuno probabilmente conosce l’ultimo tratto di strada che porta al suo rifugio.

Fonte: www.repubblica.it

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